giovedì 14 aprile 2011

Origini e fattezze

Satiri, fauni, sileni. I romani e i greci hanno confuso le genti sia sul nostro nome sia sul nostro aspetto. In Grecia ci chiamavano satiri e sileni, bisogna sapere però che in quest' ultimo modo vengono chiamati i satiri anziani. A Roma venivamo chiamati fauni. Io preferisco definirmi un satiro, essendo giovane e inscindibilmente legato all' originalità della Grecia. I romani hanno la fama di essere dei maestri nel plagio. 

Discendiamo da Pan, dio silvestre e da una ninfa, il suo nome è sconosciuto.
Siamo la personificazione della fertilità e della forza vitale della natura. Siamo divinità, proteggiamo la campagna e i boschi. I miei antenati, sono celebri per l' odio che provavano verso l' agricoltura. Siamo famosi per il nostro essere lascivi, amanti dei banchetti e del vino. Amiamo molto danzare insieme alle ninfe, ma non rifiutiamo un ballo a nessuno. Non per niente siamo legati al culto di Dioniso, Bacco per i violenti romani.
Si è parlato molto del nostro aspetto. 
C'è chi dice che abbiamo forma e fattezze completamente umane, c'è chi invece dice che siamo per metà umani e per metà bestie: zoccoli e zampe di capra, una piccola coda e due corna sul capo, simili a quelle dell'ariete. 
Ebbene... entrambe le descrizioni rispettano la nostra figura. 

Sotto la prossima Luna farò chiarezza sul nostro aspetto raccontando la storia del nostro compagno prediletto: l' aulos..




Rossastro calore

Calato il Sole, abbia inizio il simposio notturno...
D' un colpo fra i boschi, mi trovo errante, inebriato dal vino e dai fragranti fiori.
Morfeo, ladro di calde brezze, mi accarezza il pesante ventre soffiandomi fra i corni. 
Spero che i rami indicandomi dove trovare nido, facciano di me un ben accetto intruso, così che quattro saranno gli occhi quando il Sole diraderà la notte.


mercoledì 13 aprile 2011

Lo Stige e la sua palude

''Fiume degli Inferi. Gli dei lo chiamavano a testimone nei loro giuramenti, ma la sua potenza era tale che essi stessi la temevano. Il giuramento sullo Stige era una formula inviolabile; se un dio era sospettato di mentire, Zeus prendeva una brocca, la immergeva nelle sue acque e invitava l' accusato a bere. Il Fiume setacciava l'anima del sospettato, e se trovava traccia di menzogna, il dio cadeva in sonno per un intero anno e al suo risveglio, scopriva di non poter partecipare ai simposi per altri nove lunghi anni. Quando un dio lo invocava, metteva in gioco la relazione che lo unisce ai prìncipi creatori.
Le sue acque avevano anche il potere di dare l'immortalità: secondo il mito, infatti, è qui che Teti immerse il figlio neonato Achille per renderlo pari agli dei, tenendolo però per il tallone che non fu quindi toccato dall'acqua, rendendolo vulnerabile.

Dante, nel corso del suo celebre viaggio, qui vede genti ignude immerse nel pantano, prese dalla furia che le fa picchiare tra di loro con tutto il corpo: mani, piedi, testa, denti.. Virgilio chiarisce presto che si tratta delle "anime di color cui vinse l'ira", ma anche sott'acqua è pieno di dannati, gli accidiosi o "iracondi amari" coloro che covarono dentro di sé la propria rabbia e che adesso fanno ribollire la palude con i loro tristi pensieri.


L'accidia è l'avversione all'operare, mista a noia e indifferenza.
Nell'antica Grecia il termine acedia (ἀκηδία) indicava, letteralmente, lo stato inerte della mancanza di dolore e cura, l'indifferenza e quindi la tristezza e la malinconia.
Il termine fu ripreso in età medievale, quale concetto della teologia morale, a indicare il torpore malinconico e l'inerzia che prendeva coloro che erano dediti a vita contemplativa.''



Salve, io sono Marsia..